Andrea Scala
Motore dei Moonlight Comedy  Moonlight

L’intervista di oggi è decisamente la più progressive di questa rubrica! Andiamo infatti a conoscere Andrea Scala batterista dei Moonlight Comedy (progressive metal band attualmente su Lion Music Records), che ha all’attivo molte partecipazioni sia dal vivo (ma soprattutto in studio) con molti musicisti della scena progressive metal italiana.

Emiliano Cantiano – Quando hai iniziato a suonare la batteria e con chi hai iniziato il tuo percorso di studio?

Andrea Scala – Le percussioni in generale mi hanno sempre attratto; ero piccolissimo quando costruivo i miei set con secchi, coperchi e fusti di metallo, umili oggetti casalinghi. Mi affascinavano anche il sassofono e la chitarra. Mio padre mi comprò una chitarra classica ma non mi sentivo motivato come lo ero con la batteria. Riguardo al mio strumento ho iniziato all’età di 12 anni come autodidatta e circa un anno dopo decisi di studiare privatamente con Azeglio Izzizzari – un grandissimo musicista – che ha guidato i miei studi per anni. Poi ho avuto l’incontro con Claudio Mastracci con cui studio tuttora. Claudio è geniale in tutto, ha la soluzione per ogni tipo di problema tecnico, mi ha fatto notare cose che vanno anche al di là dello strumento. Ho avuto anche la possibilità di incontrare, suonare e scambiare opinioni con diversi bravissimi batteristi. AndreaScala_2008

E.C. – Quali sono stati e quali sono attualmente i batteristi che influenzano di più il tuo stile?

A.S. – Sono molti. Procedendo per tappe, e calcolando che ho ascoltato ed ascolto tantissima musica, i batteristi che mi hanno influenzato maggiormente agli inizi del mio percorso sono stati Nick Mason e Ringo Starr. In seguito Alex Van Halen, John Bonham, Ian Paice, Mike Portnoy, Deen Castronovo, Stewart Copeland, Jeff Porcaro, Bill Bruford, Phil Collins, Simon Phillips, Mark Zonder, Danny Carey, Virgil Donati, Terry Bozzio e tanti altri. Attualmente la mia concentrazione è totalmente focalizzata su Vinnie Colaiuta, Dennis Chambers, Tony Williams, Jojo Mayer, Gadd, ecc.. Adoro il modo di suonare di Kith Carlock che ritengo davvero molto musicale. Mi piacciono molto anche altri batteristi, Sean Reinert, Gavin Harrison, Benny Greb, Pier Paolo Ferroni, Walter Calloni; mi piace tantissimo il giovane Thomas Pridgen – un talento esagerato – . L’ho visto dal vivo l’estate scorsa con The Mars Volta e ritengo che sia impressionante dal momento che è in possesso di tutto ciò che serve ad un vero fuoriclasse: una grinta infinita, grande tecnica e grande groove, personalità e ottimo suono. Se vi capita di vederlo non perdete questa occasione, vi farà stranire!

E.C. – Qual è il tuo attuale percorso di studio?

A.S. – Ho ricominciato da zero valutando la situazione sotto la mia ottica attuale. Sto ristudiando tutti i rudimenti. I mie studi in questo periodo prevedono molto tamburo: Stick Control, Master Studies, Syncopation, Modern Rudimental Swing. Un libro che trovo attualmente molto interessante è “The New Breed”, un metodo complicato ma importante, basta praticare i primi “sistemi” per capire cosa stai trattando. Altri studi li applico sul fraseggio in varie suddivisioni ritmiche, sul groove in generale, sulla coordinazione e indipendenza degli arti, sulle modulazioni metriche. Sono sicuro che il materiale per studiare non mi manca.

E.C. – Che tipo di accordatura scegli per le tue pelli?

A.S. – Dipende da quello che devo suonare, dal genere di musica ovviamente. Riguardo alla musica rock mi piace avere sulle pelli un’accordatura morbida per creare un suono profondo e ampio in particolare sui timpani. La pelle della cassa la preferisco lenta per avere più “attacco”. Per un’accordatura jazz stringo le pelli (sabbiate) per ottenere un suono più acuto. In tutti i casi la pelle risonante la lascio sempre più tirata della pelle battente. Che altro aggiungere, l’accordatura la ritengo una cosa complicata, sto ancora esplorando le diverse soluzioni.

E.C. – La scelta della disposizione dei fusti del tuo drumkit?

A.S. – Ho cambiato spesso la disposizione dei miei fusti nel corso del tempo. Ho usato la doppia cassa per tre anni, avevo un set molto largo, piatti alti, molti tom, esercitavo sulla mia batteria dei movimenti diversi da quelli di oggi, erano movimenti molto ampi. Col tempo le cose sono cambiate, sono tornato al set tradizionale con una sola cassa e un doppio pedale, due tom (10” e 12”), due timpani (14” e 16”), spesso uso un solo timpano. Come piatti monto due hi-hat da 14” e uno da 10” per il resto mi bastano due crash (16” e 17”) un ride (21”) e un china (18”) come piatti grossi, uno splash se mi serve. La disposizione è molto più raccolta e intima ed ho la sensazione che così suono meglio. Può darsi che tra qualche anno cambierà tutto, chi lo sa!

E.C. – Che tipo di warm up svolgi prima di ogni esibizione?

A.S. – Quando posso svolgo singoli/doppi/paradiddle che rappresentano un classico. Delle volte riscaldo i piedi muovendoli a terra. Al massimo saltello su me stesso per riscaldarmi se devo partire con un pezzo tirato.

E.C. – Come regoli le molle dei tuoi pedali?

A.S. – E’ tutto relazionato al tipo di risposta che mi da la pelle della cassa. Non le tiro molto, cerco il giusto equilibrio, mi piace il pedale morbido ma non troppo, devo sentirmi comodo. Pensate ad un bel paio di scarpe, ci state comodi dentro? Vi sentite a vostro agio? Ecco, così voglio sentirmi sui pedali della mia batteria.

E.C. – Quali credi che siano i punti di forza del tuo drumming?

A.S. – Ma! Non saprei, forse la creatività.

E.C. – Quali credi che siano le qualità che un buon batterista metal debba avere?

A.S. – Sicuramente potenza, solidità sul groove e sul timing, una buona stabilità sui piedi. E’ certo che la solidità sul groove e sul timing riguarda tutti i batteristi, metal o non metal. L’importante è essere convinti su ciò che si sta eseguendo e saper riconoscere e distinguere le cose che vanno da quelle che non funzionano appieno.

E.C. – Il pattern preferito che hai registrato e che esegui più volte dal vivo?

A.S. – Non so, mi piacciono quasi tutti. Anche perché se li scrivo io li scelgo con molta attenzione e quindi mi diverto a suonarli anche dal vivo. In generale adoro i patterns che “girano” in un certo modo, sai quelli funzionali con le ghost nots al punto giusto.

E.C. – Come ti prepari al lavoro in studio di registrazione?

A.S. – C’è sempre un accurato lavoro di pre-produzione dietro ad una registrazione. In questo modo posso avere il controllo su più elementi possibile. Una volta stabilite le strutture e le velocità dei brani si programma il click, faccio pratica a casa nel mio laboratorio, ho un impianto dove amplifico le mie basi per studiarci sopra. Preparo tutte le soluzioni ritmiche, i fills, i grooves, ecc… Entro in studio con almeno il 90% delle cose definite.

E.C. – Sò che state terminando le registrazioni del terzo album dei Moonlight Comedy, come si è evoluto il tuo drumming dal primo album ad oggi?

A.S. – In realtà siamo ancora in fase compositiva. Stiamo lavorando sugli arrangiamenti e presto tutto sarà pronto. Il disco suonerà in modo molto più aggressivo del precedente album, forse più crossover; i pezzi sono molto diretti e strutturalmente diversi da “Dorothy” che è un album concepito in modo matematico e complesso. Sul nuovo album si respira un’aria nuova con elementi di elettronica, psichedelia, sperimentazione. Ho lavorato su un drumming più fresco, diretto, energico, a tratti anche poliritmico. Sicuramente mi sono distaccato tantissimo dal mio vecchio modo di suonare. Ho maturato altri aspetti. Semplicemente adesso ascolto di più e cerco di capire sempre quello che suonano gli altri musicisti; solo così riesco a suonare meglio con loro, se poi sei un compositore e arrangi il tutto puoi far suonare agli altri quello che vuoi tu, ma se si parla di band la cosa che conta maggiormente è il lavoro di gruppo.

E.C. – Dalla tua discografia vedo che hai partecipato a tre album che rendono omaggio a tre grandi chitarristi: Shawn Lane, Jason Becker, Jimi Hendrix, parlaci di queste tre esperienze.

AndreaScala_2008_homeA.S. – Sono stato per un un periodo appassionato di guitar hero tanto che ho più dischi di chitarristi che di batteristi! Scherzo!
Shawn Lane rappresenta per me un periodo bello. Quando ascoltavo l’album “Power Of Ten” mi rendevo conto del talento di Shawn Lane, un musicista incredibile, credo inarrivabile. Ricordo ancora uno dei tanti saggi alla scuola di musica quando preparammo “Get You Back” di Lane, un pezzo magnifico. In quel periodo con i miei amici eravamo in fissa per queste cose, fusion, progressive, ecc… Cercavamo sempre i musicisti tecnici, quelli che sbalordivano. Era quasi una corsa verso l’impossibile. Jason Backer è stato da sempre insieme a Vai, Satriani e Howe uno dei miei chitarristi mito e lo ascoltavo sui suoi album da solista e con i Cacophony, dove c’è anche un Castronovo inossidabile. Per Jimi che dire, è tutto già scritto nella storia e sui libri. Il caso ha voluto che omaggiassi questi grandi artisti. Su questi album parteciparono anche grandissimi nomi come Steve Vai, Greg Howe, Marty Friedman, Randy Coven, Richie Kotzen, Mats Olausson, Stephen Ross e tanti altri musicisti. Questa opportunità mi fu concessa dal grande Giuseppe Iampieri in arte Mistheria (Bruce Dickinson, Neil Zaza). Circa 7-8 anni fa, con Simone Fiorletta e Armando Pizzuti (Moonlight Comedy), facemmo da spalla al grande Neil Zaza, e come si usa tra musicisti quella sera ci scambiammo un pò di materiale; ricordo che diedi una demo al grande Fabio Colella il batterista di Neil Zaza. La demo finì nelle mani di Mistheria che mi contattò dopo due settimane esatte. Giuseppe apprezzò molto il mio drumming, mi propose varie date live e di partecipare ad alcuni suoi progetti. Lui aveva già lavorato come turnista in America con Neil e con altri artisti aveva realizzato dei lavori per l’etichetta finlandese Lion Music. In seguito proposi alla mia band – Moonlight Comedy – la possibilità di fare pubblicare il nostro primo album dalla stessa label finnica e così, dopo aver valutato insieme questa possibilità, spedimmo il master che piacque. Il resto è storia di oggi. Per tornare alla tua domanda, posso confermare che lavorare a questi tributi è stato fantastico. E’ bello essere contattati da ottimi musicisti ed essere scelti per quello che fai. Un paio di anni fa fui invitato da Mistheria ad un suo concerto, era nuovamente in tour con Neil Zaza e così fui chiamato sul palco per eseguire insieme a Neil il famoso brano “I’m Alright”.

E.C. – Rimanendo in tema sulla tua discografia vedo che hai partecipato all’album del tastierista Mistheria dove compaiono grossi nomi della scena mondiale, parlaci anche di questa tua avventura.

A.S. – Come ho già parzialmente detto nella precedente risposta nonostante siano passati circa sei anni da quelle registrazioni, ricordo che si è trattato di un’esperienza musicalmente ed umanamente molto gratificante. Ho lavorato quasi tre mesi per preparare i brani di “Messenger Of The God”. Il disco ospita grandi musicisti come: Anders Johansson, Barry Sparks, George Bellas, Michael Von Knorring, Neil Zaza, John Macaluso, Matt Bissonette, Ray Burke, il mio amico romano ma di origine sarda Leonardo Porcheddu, Diego Reali, Rob Rock, Ron Thal, Tony Hernando, Roy Z e altri ancora. Inizialmente doveva partecipare anche Mike Terrana , ma non registrò perché aveva troppi impegni in quel periodo. Andammo a Milano per incontrarlo; Mike era in tour con i Rage, ricordo che fu molto gentile e simpatico con noi. Poi toccò a me registrare il suo brano. Purtroppo non ho conosciuto personalmente tutti questi musicisti, ma qualche anno dopo incontrai John Macaluso un paio di volte, gli prestai anche la mia batteria per delle prove che doveva fare con Mistheria. Con John Macaluso suonai successivamente anche nello stesso concerto e per quel poco di inglese che conosco riuscimmo a comunicare. Mi disse che aveva apprezzato molto le miei parti di batteria su “Messenger of the God”, apprezzò anche la mia performance live quella sera allorchè parlammo dei nostri batteristi preferiti, dei suoi nonni siciliani, del mio paese, dei rulli, mi regalò il suo cd/dvd e mi diede il suo recapito telefonico. Fu una bellissima serata.

E.C. – Quali sono i tuoi dischi preferiti, quelli che ti hanno fatto innamorare della batteria?

A.S. – In casa giravano diversi vinili, molti erano artisti pop italiani, ma la mia attenzione di fermò su altro. Senza dubbio i primi dischi, quelli che mi hanno fatto innamorare della musica in generale e della batteria in particolare, sono stati: “The Dark Side of the Moon” e “The Wall” dei Pink Floyd, “Brothers in Arms” dei Dire Straits, “Rock’n’ Roll Music” dei Beatles, “Serious Hits. Live” di Phil Collins. Poi qualche lavoro di Michael Jackson e Prince. Questi erano i dischi che giravano in casa e diciamo che li conosco più o meno a memoria perchè si tratta della musica che ho ascoltato fino all’età di 10 anni. Successivamente un mio amico e vicino di casa ordinò a scatola chiusa da una rivista “5150” dei Van Halen (eravamo in fissa per il film Ritorno al Futuro di Robert Zemeckis dove Marty sveglia George con Donut City dei VH). Ebbene questo album per me è stato fatale, mi cambiò totalmente e iniziai a suonare rock. In seguito vennero gli Aerosmith, AD/DC, Iron Maiden, The Who e altro ancora.

E.C. – Quale strumentazione utilizzi?

A.S. – Ho 6 batterie (4 acustiche e 2 elettroniche) di varie misure, 8 rullanti, diversi piatti, percussioni ed effetti vari. Solitamente uso la mia Pearl World Series. Sto bene così per ora, non sponsorizzo marchi e non me li vado a cercare, quando busseranno alla mia porta valuterò volentieri la situazione.

E.C. – Un consiglio da dare ai batteristi che studiano e che vogliono intraprendere il lavoro di metal drummer?

A.S. – Sicuramente troverete consigli più interessanti dai batteristi che hanno scelto di suonare solo questo genere di musica nella loro vita. Personalmente mi piace suonare anche altro, i diversi stili musicali per me sono importanti, sono più orientato verso la sperimentazione e preferisco la versatilità, non mi considero un batterista metal e basta, semplicemente mi piace suonarlo. Per mia esperienza se volete intraprendere questa strada posso dirvi che serve pazienza, molta pazienza, sacrifici, tanti sacrifici. Se pensate di fare soldi con la musica metal qui in Italia lasciate perdere dal momento che nel nostro bel paese nessuno guadagna di che vivere con questo genere musicale se non un paio di band al massimo dal momento che, se vi va di lusso, per le vostre date live riceverete al massimo un rimborso spese, cibo, alloggio e una discreta paga. Non abbattetevi mai, incontrerete anche gente negativa, che non vi guarderà in faccia, inaffidabile, ma conoscerete anche persone interessanti che vi rispetteranno e che si fermeranno a scambiare volentieri quattro chiacchiere con voi. Fatevi sempre valere quando andate a suonare in giro nei locali, specialmente dai gestori e dai manager. Se riuscirete a portare la vostra band ad alti livelli di fama potete anche guadagnare bene, ma dopo un tour i soldi non vi basteranno per andare avanti, non esiste un vero e proprio stipendio in questo mondo, questo lavoro ve lo dovete anche saper inventare, però se sarete fortunati, e ve lo auguro, allora che dire? Ottimo per voi. L’importante è crederci. Credete nel vostro progetto? Vi divertite? Bene, allora metteteci impegno, registrate i vostri pezzi, pubblicate i vostri album e suonate molto dal vivo per promuovere al meglio la vostra musica, sono queste le belle soddisfazioni.
Volevo fare un saluto a tutti i lettori e un grazie particolare a Planet Drum e a Emiliano per avermi offerto questo spazio! Se volete, venite a trovarmi su www.myspace.com/andreascala5