L’origine di tutto
Invece di ammazzarci a vicenda per le briciole dovremmo concentrarci sul creare cose belle


Un paio di mesi fa durante una ‘shed session’ ho avuto un momento di illuminazione, se così si può chiamare, che ha cambiato significativamente il mio modo di approcciare lo strumento e la carriera di batterista.

Era circa l’una di notte qui a Los Angeles quando, tornando da una serata dove avevo suonato, mi sono fermato allo studio di uno di quei batteristi moderni fortissimi e funanbolici che sicuramente conoscete. 

Nella stanza c’erano altri batteristi, tutti molto bravi, che si alternavano sulle due batterie poste al centro della stanza esibendo chops incredibili… poi arriva il mio turno. Mi siedo e suono, dopo circa dieci minuti, come si usa fare, mi alzo e lascio spazio al successivo in attesa. Mi siedo su un divano e continuo a guardare gli altri ‘scannarsi’ a vicenda con combinazioni veloci e difficili al volume più alto possibile. 
Chiunque guardandoli riconoscerebbe che il livello è altissimo e che le ore di studio impiegate per arrivare a tanta padronanza sono infinite. Ho tanta ammirazione e rispetto per questi musicisti, l’ho sempre avuta e per questo io stesso sono sempre stato un fautore di un certo tipo di approccio, diciamo un pò funanbolico, allo strumento. Poi però dal nulla mi sorge spontanea una domanda che forse sarebbe già dovuta sorgermi tanti anni fa: Ma qual è l’obbiettivo di tutto questo? Non esiste un vero e proprio giudice che determina chi è più bravo e, anche se ci fosse, il montepremi non sarebbe alto abbastanza per giustificare tutto questo sforzo poichè nell’industria della batteria tutti questi soldi non ci sono. 

Nello sport almeno gli atleti più forti sono milionari, hanno macchine da sogno, vivono in case incredibili e fanno feste alle quali se uno di questi batteristi fortissimi davanti a me venisse invitato penso sverrebbe all’istante. 

Continuavo a scavare sempre di più, isolandomi completamente da ciò che effettivamente stava accadendo batteristicamente in quel momento intorno a me. 
Ero estremamente sorpreso e non capivo come fosse possibile che proprio io, che sono sempre stato un fan della tecnica, della velocità e delle “cose” difficili da suonare, fossi improvvisamente annoiato da una dimostrazione più che eccellente di tutto questo pensiero. 

Devo ammettere che ultimamente avevo già perso un pò di quella passione e di quel fuoco che avevo sempre avuto per la batteria, avevo iniziato a chiedermi quale fosse il motivo di tutto ciò. Da un lato sicuramente il fatto di fare della propria passione un lavoro può avere riscontri negativi sulla passione stessa, ma questo è normale perchè capita spesso di fare musica che non ci piace insieme a persone con cui magari non andiamo tanto d’accordo. 

Ma il motivo principale era che non sapevo più il perchè…come se avessi perso di vista il motivo per cui volevo suonare. Questa stupida competizione per chi ha più chops o per chi lavora di più che c’è a Los Angeles (e in tutto il mondo) ci fa dimenticare che in realtà ciò che stiamo facendo è arte, punto. Il resto non ha davvero niente a che fare con l’arte. E il resto sono comunque pur sempre briciole, poichè anche i session drummer più di successo non guidano ferrari e non vivono in ville spettacolari.

Quindi perchè scannarsi in questa competizione? Non sarebbe meglio a questo punto concentrarsi sul creare cose belle? Tipo scrivere più musica, creare progetti che in un modo o nell’altro possono migliorare la nostra vita e quella di chi da noi trae ispirazione? 

Da lì mi sono ricordato una cosa che diceva spesso il mio amico Tito Pascoal: “quando suoniamo e ci sentiamo demotivati dobbiamo pensare all’origine di tutto, alle emozioni che provavamo le prime volte che toccavamo la batteria, quando tutto era magico. Cosa ci spingeva a suonare, cosa ci rendeva così ossessionati?” 

. Per me era la musica ed era sentire il potere nei miei arti di creare cose belle, cose che quando le ascolti ti fanno muovere e ti fanno emozionare. 
Ascoltavo la musica per ore perchè mi faceva viaggiare, mi ricordava eventi specifici del passato o mi faceva immaginare paesaggi che ancora non avevo esplorato. 
Non pensavo al sogno di diventare rockstar o di fare soldi con la musica, non pensavo ad avere le chops più impressionanti da vedere. Suonavo e ascoltavo certa musica perchè per me era bella, perchè mi suscitava emozioni incredibili. 

Allora mi sono un pò isolato e ho iniziato ad analizzare la mia situazione attuale per capire quanti elementi di tutto ciò che mi spingeva a suonare all’inizio, quando tutto era magico, avevo ancora ogni giorno nella mia vita di batterista professionista. 
Dopo aver fatto ciò, tante cose sono cambiate, sia nel mio approccio sullo strumento che nella mia carriera. 

Quindi se demotivati o in cerca di risposte, fatevi la domanda che mi faceva Tito quando vivevamo insieme ai tempi della Berklee: cosa causava quell’emozione incredibile le prime volte che suonavate? 
Le vostre risposte potranno essere estremamente diverse dalle mie, ma sicuramente molto utili nella ricerca dei vostri perchè. 
Solo una volta trovate le motivazioni più profonde riuscirete, secondo me, a esprimere al meglio il vostro potenziale.