Andrea Ruta

AndreaRuta_001_001

Andrea Ruta nasce a Roma nel 1970.
Mancino naturale, scopre fin da bambino, grazie ad un dono del padre, la sua naturale propensione a percuotere suppellettili, pelli e tamburi.
E’ difficile in poche, sterili e rischiosamente entusiastiche, parole spiegare Andrea e il suo mondo. Tacere delle migliaia di collaborazioni e sessions in venti anni di vita musicale è un delitto. Ma letteralmente è molto più semplice scorrere il suo curriculum e prenderne doverosa nota.

Andrea Ruta


Andrea Ruta nasce a Roma nel 1970.
Mancino naturale, scopre fin da bambino, grazie ad un dono del padre, la sua naturale propensione a percuotere suppellettili, pelli e tamburi.

E’ difficile in poche, sterili e rischiosamente entusiastiche, parole spiegare Andrea e il suo mondo. Tacere delle migliaia di collaborazioni e sessions in venti anni di vita musicale è un delitto. Ma letteralmente è molto più semplice scorrere il suo curriculum e prenderne doverosa nota.

Domenica 19 gennaio 2003 ore 17.00 E’ una tranquilla domenica pomeriggio di metà gennaio e ci troviamo in un bar a sorseggiare un thè caldo e a scambiare due chiacchiere con Andrea Ruta (Andrea si è preso un caffè e si è praticamente divorato un vassoio di pasticcini!).

Planet Drum– In principio erano le bacchette…quando le hai prese in mano per la prima volta?

Andrea Ruta– Mi ricordo che mio padre, quando avevo cinque anni, mi comprò una batteria giocattolo che io usavo suonare con le posate, quelle sono state le mie prime bacchette! Ma erano così pesanti che la batteria durò un paio di giorni! Quello fu il mio primo vero approccio con la batteria.

Planet Drum– E gli altri passi quali furono?

Andrea Ruta– All’età di circa dieci anni mi trovai ad una festa di piazza, e casualmente capitai dietro al batterista e fu una cosa che mi ha affascinò moltissimo. Ma la svolta avvenne quando, a tredici anni, mio padre mi comprò una batteria vera, una formidabile HOSHINO nera fiammante, che avevo il permesso di suonare solo una volta a settimana perché stava “parcheggiata” a casa di un mio amico. Il fatto di poterla suonare così di rado è un po’ il filo conduttore del mio rapporto con la batteria, meno ci sto a contatto e più la passione si prolunga.

Planet Drum– Anche per le donne funziona così?

Andrea Ruta– Sostanzialmente si, però ho più amiche che amici.(…risate)

Planet Drum– Quand’è che hai cominciato a interagire con altri musicisti?

Andrea Ruta– Ho iniziato subito a suonare con un gruppo formato dai miei compagni di scuola. Facevamo cover di gruppi inglesi, tipo i Duran Duran. Nella mia anima c’è sempre stata una vena rock. Dopo un paio d’anni ho formato un gruppo mio all’interno del quale ero anche compositore e arrangiatore.

Planet Drum– Che genere di musica facevate?

Andrea Ruta– Eravamo influenzati da quello che c’era nei primi anni 80.. Police, David Bowie, Toto. Scrivevo i testi in inglese, è una lingua che mi piace molto e che so anche parlare discretamente. Purtroppo avevo un limite, riuscivo a scrivere solo quando stavo giù di corda… ma per fortuna adesso il mio umore è molto regolare quindi mi dedico solamente a suonare la batterAndreaRuta_001_008ia.

Planet Drum– Quindi ora hai perso la tua vena compositiva?

Andrea Ruta– Scrivere è come fare un quadro, non si tratta di fare ginnastica, bisogna avere qualcosa da dire.. A proposito di ginnastica, mi piace molto fare sport, detesto stare fermo, se ho un’ora di tempo libero ne approfitto per fare una passeggiata, ma soprattutto mi piace fare sport perché mi piace mangiare.

Planet Drum– In che senso?

Andrea Ruta– Perché se bruci parecchie calorie a tavola puoi anche permetterti di reintegrarle! (…risate)

Planet Drum– Torniamo alla musica.. parlami del tuo primo concerto

Andrea Ruta– Erano passati appena due mesi dall’acquisto della batteria quando mi ritrovai a suonare al concerto di fine anno della scuola (scuola “Omero” di Casalpalocco ). Fu uno dei momenti indimenticabili della mia vita. Durante le mie passeggiate passo spesso lì davanti per ricordare quel giorno…

Planet Drum– Che tipo di sensazioni hai provato?

Andrea Ruta– La cosa più bella è che c’era tutta la scuola e quello che mi ricordo di più è che ad ogni rullata che facevo il pubblico sobbalzava in piedi e fu in quel momento che mi resi conto della grande energia che può trasmettere un musicista sul palco… senza dimenticare che era anche una buona opportunità per conoscere tante “simpatiche” ragazze. (…risate)

Planet Drum– Ma non eri un po’ terrorizzato dalla “prima”?

Andrea Ruta– No, perché a tredici anni non ti rendi conto di certe cose, vivi solo la parte più bella dell’emozione. In quell’occasione poi non mi limitai solo a suonare. Un pezzo l’ho suonato e cantato contemporaneamente ( tuttora con la tribute band dei Creedence mi cimento come cantante – batterista), era “Owner of a lonely Heart” degli Yes e devo ringraziare che ero così giovane da avere un’estensione vocale che mi permettesse di fare il verso alla Ion Anderson!

Planet Drum– Qualche particolare negativo?

Andrea Ruta– Solo uno, quello della professoressa di musica, materia nella quale andavo malissimo, che ci disse che non avevamo fatto altro che “scopiazzare delle canzoncine”, e questo a dispetto del grande successo riscosso a scuola.

Planet Drum– Dopo che è successo?

Andrea Ruta– Qualche mese dopo mio cugino mi presentò Davide Pistoni, che all’epoca aveva 10 più di me e attualmente è il pianista dell’orchestra dell’ultimo spettacolo di Gianni Morandi “Uno Di Noi”. Lui mi chiese di andare a suonare con lui per capodanno. Io sinceramente non pensavo di esserne in grado, però lui mi diede fiducia e fu un’esperienza bellissima, figurati… uno di 13 anni che se la vede con gente molto più grande di lui! Vale più di 10 anni di studio!

Planet Drum– Quindi è nata una collaborazione tra di voi?

Andrea Ruta– Si certo, una lunga collaborazione. Abbiamo suonato tanti anni insieme, dividevamo una sala nel centro di Roma, dove potevamo suonare illimitatamente anche fino alla mattina e ci vedevamo tutte le sera. Veniva anche della gente a sentirci. Suonavamo un po’ di tutto, quello che veniva, a 360°…

Planet Drum– Mi pare di capire che questa persona sia stata fondamentale nel tuo percorso di crescita musicale e non solo, vista l’età che vi separava…

Andrea Ruta– Direi proprio di si, è stato lui ad allevarmi. Lui per me era come un fratello maggiore, quindi è normale che mi abbia insegnato tante altre cose oltre la musica, però anche lui ha preso molto dalla mia amicizia… Nel frattempo però avevo sempre il mio gruppo, col quale avevamo iniziato a suonare in giro, nei locali, nelle feste di piazza e in alcune località del litorale romano. Quando non prendevamo soldi venivamo pagati in cibo e una sera quella fu la mia rovina: una cena a base di pesce senza limite di spesa… riuscii a spolverare da solo un’intera teglia di fritto misto che pagai con una settimana a letto per indigestione!

Planet Drum– Nel frattempo immagino continuassi ad andare a scuola, riuscivi a combinare il tutto? E i tuoi che ne pensavano?

Andrea Ruta– Devo dire che da quando ho iniziato a suonare la scuola ne ha pagato le conseguenze. Ho praticamente dedicato tutto me stesso alla batteria, all’età di 17 anni ho iniziato a lavorare per guadagnare qualche soldo e devo dire di essere orgoglioso di averlo fatto. Nella vita secondo me un ragazzo prima va a lavorare e meglio è, meglio confrontarsi col mondo il prima possibile. Ho ripetuto due volte il terzo, la seconda volta mi ero iscritto solo per fare la gita in Francia ad aprile e non me ne sono per niente pentito. E comunque adesso lo posso dire… facevo sega molto spesso approfittando del fatto che la saletta dove suonavo era proprio di fronte la scuola, quindi puoi immaginare che goduria! Mia madre ancora adesso non ama molto il fatto che io faccia il musicista, del resto come tutti i genitori apprensivi. Per mio padre invece è stato più facile accettare questa cosa, dal momento che già mio nonno faceva il musicista in un orchestra (suonava il mandolino).

Planet Drum– Quand’è stato che hai iniziato a lavorare più seriamente con la musica?

Andrea Ruta– Quando avevo 22 anni fui chiamato dal più grosso gruppo gospel della capitale, i “Voices of Glory”. Oltre al fatto di suonare tanto in giro mi si aprirono diverse strade. Una delle vocalist del gruppo, tale Scheryl Nickerson ( una delle coriste di Ray Charles), mi chiamò per suonare nella sua band di Rhythm ‘n Blues, formata da alcuni dei migliori musicisti della capitale: Stefano Sabatini, Francesco Puglisi , Marco Siniscalco, Nico Gaeta, Antonello Rapano. Vorrei spendere due parole nei confronti di Stefano Sabatini, col quale ogni tanto ci sentiamo, che oltre ad essere uno dei più bravi pianisti che ci sono in giro, è soprattutto una persona squisita, anzi spero di suonare ancora con lui in futuro.
Tra le collaborazioni importanti ci sono quella con Jho Jenkins, con cui ho suonato per tre anni in tutti locali di Roma e nei più grossi blues festival d’Italia, con Harold Bradley ( il fondatore del Folk Studio ) con cui suono tuttora, con Charlie Cannon, con cui ho suonato sia in teatro sia per dei programmi radiofonici in RAI. Nel frattempo in quegli anni ho militato in diversi gruppi reggae dell’area romana e mi è capitata la fortuna di partecipare al Sunsplash di Udine, il più grosso raduno nazionale reggae al quale partecipano musicisti provenienti da tutto il mondo. Vi si alternavano gruppi per più di 18 ore al giorno e i musicisti che vi suonavano avevano un pass per accedere anche nel back-stage ed assistere da pochi metri alle performance di gruppi storici come i “Waylers” di Bob Marley, i “Gladiators”, i “Steel Pulse”, e molti altri.

Planet Drum– Quindi in quegli anni ti cimentavi sia col blues sia col reggae, quale dei due generi senti che ti appartiene di più?

Andrea Ruta– ( pausa di riflessione) …. il reggae. Devo partire da un presupposto, io ho sempre ascoltato musica pop, sono un’amante della melodia e mi piacciono le cose essenziali, e quest’aspetto è molto più presente nel reggae che nel blues. I musicisti che suonano questo genere, poi, hanno una mentalità molto pacata, amano tutto ciò che appartiene alla natura, ed io sono una persona che ama la natura!
Attraverso questo genere musicale ho avuto la possibilità di dedicarmi in maniera molto approfondita alle tre cose per me fondamentali della batteria: cassa, rullante e charleston. Il reggae mi ha insegnato anche un’altra cosa fondamentale, e cioè ad interagire col bassista.
 

Planet Drum– Ci sono altre esperienze a cui tieni particolarmente?

Andrea Ruta– Una delle più belle esperienze è stata quella con gli “Oak” nel 1998, la coverband ufficiale di Jethro Tull. All’inizio ero titubante perché non conoscevo assolutamente i Jetro Tull. La cosa particolare era che la band era formata da due musicisti italiani, io e il cantante, due musicisti inglesi e niente popò di meno che Glenn Cornick al basso, che fu il bassista dei J.T. dal ‘69 al ’71. Fu un’esperienza incredibile. Suonammo come gruppo di punta alla convention annuale italiana sui J.T. In quell’occasione come ospite ci fu anche Clive Bunker (batterista dei J.T.) e duettai con lui in un solo. Lui suonava i bonghi e io suonavo la batteria con le mani per non coprirlo. Nacque anche un’amicizia con Glenn , con il quale ancora oggi ci teniamo in contatto.

Planet Drum– Cosa consiglieresti a chi si addentra nel mondo della musica a livello lavorativo?

Andrea Ruta– Innanzitutto di lavorare tanto sul proprio carattere, cercando soprattutto di individuare gli errori che si fanno e di farli fruttare in senso positivo, perché credo che le esperienze più “formative” siano quelle negative e in secondo luogo di tenere sempre la mente in movimento cercando cose nuove anche nel momento in cui va tutto bene.

Planet Drum– Veniamo a parlare un po’ più nel dettaglio del tuo strumento. Che batteria usi, con quale set e quali piatti?

Andrea Ruta– Possiedo da più di dieci anni una DW , strumento al quale sono molto affezionato. Per quanto riguarda il set, che comunque può variare a seconda del genere ( nel rock ad esempio uso un solo tom e timpano) le misure sono le solite: cassa da ”22, rullante da ”14, tom da ”10 e ”12, timpano da ”14. Chiaramente nelle diverse situazioni lavorative, quando non mi è possibile usarla, e non essendo un “feticista” dello strumento, mi adatto a ciò che trovo. Anche perché, dopo tanti anni, e come tutti i batteristi sanno, sono diventato un po’ pigro e non mi va di portarmi troppe cose dietro.

Planet Drum– E dei piatti che mi dici?

Andrea Ruta– I piatti sono una componente essenziale della batteria e l’importante è capire esattamente quali piatti vanno usati a seconda delle situazioni. Io uso i fantastici piatti Ufip e, anzi, colgo l’occasione per ringraziare di cuore Luigi Tronci, il patròn della Ufip, che dal 1998 mi ha messo a disposizione tutto ciò di cui avevo bisogno. Mi piace usare piatti molto leggeri (e nonostante questo non li rompo quasi mai!), innanzitutto perché essendo leggeri comportano poco sforzo fisico, e poi perché mi piace l’approccio della mano con il piatto. Non è tanto una questione di suono, bensì fisica, mi accorgo subito dal tocco se il piatto fa per me o no. I due piati più importanti sono il ride e il charleston . Uso lo stesso ride da anni, un Natural da ”20, a cui sono estremamente affezionato.

Planet Drum– Attualmente in cosa sei impagnato?

Andrea Ruta– Come l’anno scorso, dall’inizio di aprile e per tutta l’estate sono in tournè con Sandro Giacobbe. E’ una bella esperienza lavorativa, si va parecchio in giro, ci si diverte e si assaggiano le specialità culinarie di tutta Italia, senza tralasciare il fatto che Sandro è davvero una persona squisita ed è un’artista che sa molto bene quello che vuole. E’ molto famoso in tutti paesi latini e porta in giro per il mondo la sua musica. Tra l’altro sta lavorando al suo ultimo disco nel quale anch’io sarò ospite. Mi diverto molto a suonare con lui perché sono sempre stato un’amante della musica pop italiana, genere in cui mi trovo molto a mio agio. Tra l’alto quest’anno all’interno del gruppo avrò anche un ruolo di responsabilità, dovendomi occupare, oltre a suonare la batteria, anche dell’organizzazione del lavoro.

Planet Drum– Al di là della tua attività di turnista so che ti dedichi all’insegnamento. Com’è il tuo approccio con gli allievi?

Andrea Ruta– Mi ritengo fortunato perché mi è capitato di iniziare l’attività didattica in una scuola di musica quando avevo solo 25 anni. All’inizio, essendo stato io autodidatta, mi sono trovato un po’ spaesato. Come punto di partenza ho sempre cercato di mettere alla base di questo tipo di lavoro un rapporto umano con i ragazzi. Diversi allievi sono molto piccoli, vanno dai sei ai tredici anni ed è una cosa affascinante scoprire la loro ricettività, la loro naturalezza, dalla quale anche io attingo moltissimo. A me piace molto lavorare sullo strumento, faccio delle piccole appendici teoriche, ma mi interessa soprattutto che i ragazzi abbiano un approccio istintivo, li esorto sempre a suonare sui dischi e a cercare di capire qual’era l’attitudine e il feeling che il batterista aveva mentre suonava. Può sembrare un discorso un po’ romantico, ma in fondo quella è anche la mia natura, ho reso l’idea?

Planet Drum– Segui un percorso nell’insegnamento?

Andrea Ruta– In realtà no, io amo molto improvvisare le lezioni e soprattutto cercare di capire cosa vogliono gli allievi, quindi le mie lezioni sono tutte una diversa dall’altra, non seguo un filo logico. Cerco di spiegare loro anche cose che vanno al di là della batteria, per esempio come suonare una canzone, cioè capire quello che serve quando si suona un pezzo.

Planet Drum– Cosa consiglieresti a chi si avvicina per la prima volta alla batteria?

Andrea Ruta– Sostanzialmente a divertirsi e a non pensare troppo a quello che fanno, cioè cercare di suonare e basta.

Planet Drum– Dov’è possibile sentirti all’opera?

Andrea Ruta– Innanzitutto potete contattarmi al mi indirizzo email andrea.ruta@inwind.it. Per quello che riguarda la mia attività nei locali, visto che vanno di moda i tributi, mi sto dedicando a due progetti per me molto divertenti: il tributo a Peter Gabriel e quello ai Creedence Clearwater Revival (con Dario Marigliano alla voce, il cantante dei “Raretracce”, che quest’anno andranno a Sanremo Rock, buona fortuna!!).
Se mi permettete vorrei salutare il mio amico Alfredo Manzo della Roll, che sono le bacchette che uso e con le quali mi trovo benissimo. Ringrazio anche Planet Drum per avermi dato l’opportunità di parlare un po’ di me.

{jcomments on}

Categorie: Interviste